San Tommaso Veringerio, forse detto soltanto il “Veringerio” è una figura sacra importantissima per il nostro paese, infatti è il secondo patrono dopo San Lorenzo. Ovviamente, il reperto per essere studiato va contestualizzato. Ci troviamo di fronte un vero e proprio enigma, si tratta di un busto d’argento a tutto tondo realizzato a grandezza naturale che si apre sulla testa mediante un piccolo sportello, contiene
un cranio umano mancante di mandibola. Di fonti esaustive non se ne hanno, esiste qualche piccola traccia in chiesa ma null’altro.
La scultura è tanto bella quanto preziosa visto che è realizzata in argento (il volto) e lega (il busto), lucente e maestosa, sembra cambiare espressione a seconda della luce che la investe. Andiamo con ordine. E’ da sempre compatrono di Amaseno insieme a San Lorenzo Martire e questo è una dato certo, attestato da una discreta iconografia ma il suo culto non è diffuso se non ad Amaseno, dove, peraltro, se ne sta quasi perdendo la memoria. La processione si è sempre celebrata il 15 febbraio. Andiamo al reperto: l’analisi del busto si è rivelata molto complessa ed è costata tre anni di lavoro a noi autori (Lara Celletti, Vincenzo Tranelli ed Adriano Capua) dell’unico saggio esistente sullo sconosciuto santo misterioso, tanto da farlo considerare a tutti un vero e proprio “giallo storico”.
Della sua vita non si sa nulla tranne che fosse un monaco cistercense e che sicuramente fu fatto santo per vox populi e questo spiegherebbe il fatto che di lui negli acta sanctorum non c’è menzione della sua santità. Dagli studi fatti non risulta abbia compiuto miracoli, prima del 1500 era molto pregato dal popolo amasenese (sempre stando a quanto dii scritto ci è giunto tramandato nell’archivio di Santa Maria). Il busto d’argento è una stupenda opera d’arte, a tutto tondo, fatto a grandezza naturale, a colpo d’occhio dà l’impressione di essere stato montato in due epoche diverse, il volto è palesemente di stile medioevale mentre il resto fortemente rinascimentale, tra l’altro il colletto smerigliato non fa parte del consueto abbigliamento di un monaco cistercense per cui si tratta di un vero e proprio rebus. Il cranio di San Tommaso, peraltro, non è citato nell’elenco di reliquie fatto dai monaci fondatori e costruttori nel famosissimo atto di consacrazione della chiesa di Santa Maria del 1177, però vi esiste citato il cranio di San Felice a noi non pervenuto, di cui si sono completamente perse le tracce.
Il primo saggio dedicato a San Tommaso è stato pubblicato di recente con un finanziamento dell’amministrazione provinciale, edito da Ciociaria Turismo. Prima non è stato scritto molto se non qualche citazione sporadica (autori Giannetta – Silvestri). Sarebbero tantissime le cose da dire su questo straordinario reperto, purtroppo per ragioni di spazio non è possibile estendere l’argomento ai confini della ricerca che è costata oltre tre anni di lavoro e parecchio denaro. Le tracce raccolte ci hanno portato a pensare che effettivamente si trattasse di un monaco cistercense particolarmente carismatico, da tutti ben voluto in paese ed acclamato santo per vox populi. Per la sua santificazione viene addirittura inventata la leggenda tutta nostrana del miracolo dei buoi: in pratica mentre le bestie aravano un campo tra Amaseno e Villa Santo Stefano (attualmente colle San Tommaso) venne fuori una cassetta di legno contenente il cranio del santo, le bestie la portarono sul sacrato di Santa Maria, la poggiarono e morirono. Il lunotto della chiesa di Santa Maria, situato sulla porta che immette alla navata di destra, recava un affresco che ritraeva proprio il miracolo dei buoi ma è andato distrutto e non ci sono foto né calchi o schizzi che lo ritraggono.
L’analisi scientifica del cranio è ben altro, infatti, si tratta di resti appartenenti ad un uomo anziano, a cui in vita mancavano i denti ed aveva masticato a lungo con le gengive, peraltro sembrerebbe che la testa sia stata scarnifica e cerata nonché troncata di netto. Lo si evince dall’analisi sommaria del cranio fatta dal dottor Tranelli, coautore del mini saggio sul busto d’argento del monaco misterioso. Ovviamente, in un articolo non si potrà esaurire un argomento così complesso, peraltro le ricerche sono ancora aperte perché tranne la leggenda dei buoi su San Tommaso, compatrono di Amaseno, non si sa quasi nulla. Tranne alcune immagini che lo ritraggono vestito da monaco in alcuni oggetti che si trovano in chiesa, su di lui non si sa nulla ed il suo culto non è diffuso in nessun paese limitrofo. Tornando al reperto, si tratta di un busto di pregio di grande valore artistico ed economico, molto particolare tanto che molti studiosi hanno avanzato la possibilità di due fasi. Anche se, poi, un documento trovato in chiesa, risolutivo per la ricerca e datato 1567, fa chiarezza su tutta la vicenda. Sebbene c’è sempre chi crede che la commessa in questione, scritta nel rinascimento, riguardi la realizzazione della parte che regge la testa, ipotesi sostenuta dal fatto che la faccia ed il busto sembrano di epoche diverse oltre ad essere di una lega diversa. Una volta compiuta un’attenta analisi del reperto, analizzato nelle sue varie parti è venuto fuori che il vestito, peraltro, come accennato in apertura, non è da monaco perché ha un colletto gentilizio che a tutto fa pensare fuor che al vestito di un religioso (anche secondo una perizia dell’accademia del costume di Venezia), con una scritta misteriosa che solo padre Enrico Giannetta in un cartiglio decifrò, sciogliendo l’abbreviazione e ricavando “Veringerio”.
La cosa strana è che tranne la commessa cartacea esistente in chiesa non ci sono menzioni di nessun tipo circa la presenza di questo santo (il cui culto non si è diffuso affatto), non ci sono citazioni nemmeno nei luoghi cistercensi sia nell’immediato circondario sia in Francia, soprattutto in biblioteche che per eccellenza contengono la memoria dell’ordine ma neanche interpellando vari prelati. A nulla valsero le nostre ricerche se non a convincerci che si tratta di un santo davvero misterioso e strano forse, in passato, oggetto di una strana storia o addirittura vittima di uno scambio di identità, se si considera che nell’atto di consacrazione della chiesa (pergamena del 1177 ) esiste un elenco di reliquie tra cui il cranio di san Felice mentre di quello del nostro Tommaso non si fa menzione. Qualche stranezza è stata riscontrata. Infatti, da una prima analisi, il cranio apparterrebbe ad una persona anziana mentre il volto del busto mostra i lineamenti di un giovane, il cranio è completamente senza denti ed è mancante di mandibola. Invece, altra stranezza, gli occhi del busto d’argento sono quadrettati, non mostrano la pupilla, sicuramente era un fondo preparato per far aderire pasta vitrea o ceramica mai montata.
Molto ci sarebbe ancora da studiare intorno ad una figura di Santo la cui reliquia è stata aperta moltissime volte tanto da romperne le cerniere che a noi risultano rimontate alla “buona” con del semplice filo di ferro. Per il paese di Amaseno risulta santo e peraltro un santo molto importante che veniva regolarmente pregato nel nostro paese, tanto che si tratta del compatrono come mostra la tela esistente in sacrestia che ritrae Amaseno nel 1500. In quel caso, il Veringerio che protegge il paese insieme a San Lorenzo, è vestito da monaco cistercense.
La sua festa cade il 15 febbraio e, da due anni, don Italo Caradarilli ha ripristinato la processione ed esposto la reliquia al culto dei fedeli, tanto che il reperto è stato pulito. Molto probabilmente questa opera, tanto misteriosa quanto straordinaria, sarà esposta presso il nuovo museo che presto sarà aperto ad Amaseno presso i locali del Castello Medioevale, su progetto dell’architetto Martinella Bravo e della sopraintendenza alle belle arti nella persona del dottor Franco Roma, che si sta occupando anche del Cristo deposto e delle altre statue lignee. Tornando al busto, citiamo per inciso il testo di una delle schede di catalogazione redatte dagli esperti delle Belle Arti: “si tratta di una figura dalla testa al petto alta 42 centimetri, la testa è di lamina d’argento e lavorata a sbalzo, il tronco invece di rame argentato. All’interno del capo con calotta apribile è riposto il cranio del santo, a giudizio del critico Morosini la scultura presenta i tratti della scuola francese del XIII secolo”.
Alleghiamo anche per intero il testo della commessa rinvenuta nell’archivio di Santa Maria nel 2010, un documento datato 1567: “Die due mensis septemberis 1567 la piaza de idro se declara per la presente come mastro jer° Cianci de idro de bona sua volunta promette ad don Joanni Massarello et don Prospero Lione arciprete di San Lorenzo presenti fareli una testa de argento di perso libre tre et meza di agento di paulini intitolata del S° Tommaso verlengeri per tutto lo mese di novembre prossimo futuro qual testa ad esser col collo et sua proporzione sino alla ponta delle spalle (….)per poterla posare debia esser di rame qual se li debia dare per essi (…) Et essi don Prospero arciprete et don Joanni mecteno darli ducati tridici (….) ducati sei fra quindici dì et lo resto fatto che sara l’opera ……” …..stupenda dal punto di vista linguistico e precisa soprattutto nella contrattazione del prezzo. Da quello che si legge in questo frammento l’opera è stata realizzata nel 1567. Questa è una delle rarissime tracce scritte in cui viene nominato Santo Tommaso Veringerio. Etichette: Don Italo Cardarilli, don Italo Pisterzi, Padre Enrico Giannetta, San Tommaso Veringerio